Mercoledì 3 aprile 2019, oltre 2 mesi dopo l’approvazione in Consiglio, sono state pubblicate sulla Intranet dell’Istituto le modifiche apportate al nuovo regolamento sul telelavoro all’Istat.
Pomposamente, l’amministrazione sostiene di avere “accolto le osservazioni delle organizzazioni sindacali dopo il recepimento delle stesse da parte del Consiglio nella seduta del 30 gennaio 2019”.
Invitiamo i colleghi a verificare con i propri occhi la corrispondenza tra le proposte minimali avanzate dai sindacati al Consiglio il 30 gennaio e le modifiche “accolte” dall’amministrazione.
A questo punto chiediamo di procedere quanto prima a pubblicare il bando, ovviamente precisando quanto non ancora chiaro, prevedendo fin da ora un confronto con le organizzazioni sindacali in seguito alla ricezione delle domande, con l’obiettivo di ridiscutere le eventuali necessarie modifiche alla procedura, a cominciare dal numero di posti a disposizione.
Proposte sindacali |
Modifiche approvate dall’amministrazione |
Aumento del numero dei posti |
NO |
Confronto immediato sullo smart working |
NO |
Un punteggio maggiore di quello attualmente previsto ai lavoratori con un’invalidità superiore al 45% |
Parzialmente + 5 punti a chi ha invalidità superiore al 45% (ok) - 5 punti a chi ha invalidità inferiore al 45% (no) |
un punteggio maggiore per chi rientra nella categoria B1 |
Parzialmente: 15 punti per il coniuge con legge 104 art. 3 c. 3 |
Un punteggio specifico per chi assiste parenti con certificazione legge 104 art. 3 c. 1 |
NO |
Proroga per i telelavoratori attuali per motivi di salute e/o soggetti a elevati tempi di percorrenza casa-lavoro |
Sì, ma si dovranno fare per forza almeno due rientri settimanali, e si dovrà dimostrare “il permanere delle condizioni di disagio che avevano dato luogo alla concessione del telelavoro”. |
Integrare l'art. 15 con il comma 3bis, esplicitando il fatto che “la coesistenza di più condizioni personali descritte nelle sezioni A, B e D con quelle della sezione C comporta il cumulo dei relativi punteggi”. |
Sì, ma è rimasta anche la dizione che impedisce la “somma all’interno di ciascuna sezione”: cosa succede all’interno della sezione B? |
Rientri: “un tempo maggiore per il recupero (almeno 6 settimane), escludendo dall’obbligo almeno le assenze non dipendenti dalla libera scelta del lavoratore, e comunque accertabili con sistemi di verifica” |
Sì, ma la casistica delle assenze che non comportano obbligo di recupero (chiusure programmate, festività, motivi di servizio, partecipazione ad attività sindacali) non risponde alla richiesta delle organizzazioni sindacali (ad es. le assenze per malattia non sono nell’elenco) |
Il mancato accoglimento della proposta più importante avanzata unitariamente dalle organizzazioni sindacali, ossia l’incremento del numero dei posti disponibili, fissato dall’Istat al limite minimo previsto dalla norma (almeno il 10% dei dipendenti, cfr. legge 7 agosto 2015 n. 124, art. 14) è un segnale molto grave, perché - come abbiamo più volte fatto presente negli incontri e nelle diverse note sull’argomento - sarebbe l’unica misura in grado di garantire allo stesso tempo la tutela delle situazioni di disagio e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.
Peraltro grazie all’incredibile ritardo accumulato nell’interminabile iter di adozione del nuovo regolamento l’Istat non ha rispettato il limite temporale previsto dalla norma sopra citata, limite che pure costituiva “oggetto di valutazione nell'ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale”. Si terrà conto del mancato raggiungimento di un obiettivo fissato da una legge dello stato nelle "valutazioni" dei massimi dirigenti dell'Istituto?