Mercoledì notte l’Istat ha inviato ai sindacati una bozza della call che qui abbiamo analizzato.
La prima cosa che salta agli occhi è che i posti a bando sono pochi: la media è, ai ritmi attuali, una rotazione a domanda ogni più di 20 anni, ogni più di dieci per i terzi livelli, mai per molti altri.
Ed è anche chiaro che i posti messi a bando sono stati razionati dall’alto: dalle cifre sembra proprio che i dipartimenti se li siano spartiti pro quota con il bilancino.
Davvero esigui i numeri ai livelli "bassi": 16 posti per i VI livello, 2 per i VII e 1 solo per gli VIII!
Colpisce che più di un quarto dei posti messi a bando siano attribuiti direttamente ai dipartimenti: in rapporto al personale di ruolo l’incidenza è doppia rispetto alle direzioni. Che cosa vuol dire? Che lo staff dei dipartimenti deve crescere perché è una strategia dell’istituto? O che i capi dipartimento si riservano dopo di smistare i nuovi arrivati? E quali garanzie sono offerte a chi partecipa ai bandi? E quale trasparenza informativa?
C’è poi la questione aperta dei capi unità: il comunicato del direttore generale è ambiguo e impedisce la partecipazione al personale “preposto a strutture organizzative”. Se fossero i capi unità sarebbe per questi ultimi una vera e propria beffa, anche perché proprio fra di loro si annidano molti casi di immobilità.
Infine segnaliamo la ferita aperta del personale a tempo determinato, privato a priori del diritto di muoversi: proprio loro che invece dalla mobilità potrebbero ottenere importanti vantaggi, non solo per sé ma anche per l’istituto.
Un’ultima annotazione sulla rarefazione delle call: escono poco e hanno pochi posti e ciò favorisce il fatto che a essere messi a bando, e a sopravvivere ai tagli, sono i posti più "mirati". Le call striminzite trasformano anche quel poco che c’è di mobilità a domanda in mobilità d’ufficio.
Due conti sulla call
Il numero dei posti messi a bando è nel complesso pari a 88 e corrisponde al 3,7% del personale dell’Istat e al 4,4% del personale di ruolo, l’unico che ha diritto a partecipare alla call: se si escludono dal computo i primi livelli si arriva al 4,7%. Se questa dovesse rimanere la cadenza e la consistenza dei bandi, ciò significherebbe una rotazione in media ogni più di venti anni. In realtà l’incidenza varia abbastanza in base al livello e al profilo#nota1. Prima di soffermarsi su questo aspetto vale la pena di notare che alla call potranno di fatto partecipare circa 1.750 dipendenti dell’Istat dal momento che restano esclusi 380 tempi determinati più altri 246 colleghi i quali, pur essendo di ruolo, appartengono a profili non ammessi al bando: in realtà ad essere esclusi dovrebbero essere anche i colleghi “preposti a strutture organizzative”, secondo la criptica affermazione del comunicato della direzione generale che accompagna il bando, e non è chiaro se si tratti o meno dei capi unità: se così fosse gli esclusi sarebbero molti di più. Tenendo dentro i capi unità, nel complesso non potrà partecipare alla call un quarto dei dipendenti dell’Istat e un ottavo dei dipendenti di ruolo.
Calcolata rispetto al personale di ruolo, l’incidenza dei posti messi a bando raggiunge il suo massimo per i terzi livelli (9,2%) per i quali ciò significa comunque una rotazione ogni più di dieci anni: troppi. Seguono a distanza i sesti livelli (5,2%), e poi gli altri livelli, con un minimo per i secondi (solo 4 posti messi a bando). Ad essere esclusi invece a priori dalla call è una quota consistente del personale di ruolo dei livelli dal sesto all’ottavo (l’incidenza dei non coinvolti è più alta fra i settimi livelli, oltre il 60%).
Se guardiamo alle combinazioni fra livelli e profili vediamo che fra i terzi livelli l’incidenza delle call è più elevata fra i tecnologi di ruolo (11,1%) che fra i ricercatori (7,9%). Oltre il quinto livello, supera il 6% per i collaboratori di amministrazione e per i settimi livelli anche per gli operatori tecnici. Per gli Cter invece l’incidenza è più bassa, intorno al 4%.
Con riferimento ai dipartimenti di destinazione, in termini assoluti la parte del leone la fanno DIQR e DICS. Il DISA è in linea con il DICS e con la DIQR con riferimento alle percentuali sul totale del personale. Da notare che l’OIV ha l’incidenza più alta (2 posti per 4 dipendenti di ruolo) e anche la presidenza ha una incidenza a due cifre. Direzione Generale e DISA hanno numeri assoluti più modesti: per i quattro dipartimenti di produzione l’incidenza dei posti messi a bando è pressoché identica: si passa dal 5,2% del DICA al 4,4% del DIQR. Per i livelli 3 e 4-6, quelli più numerosi, la distribuzione dei posti messi a bando segue lo stesso metro.
Nell’esaminare la distribuzione per direzione si possono fare altre annotazioni. Anzitutto, molti posti messi a bando sono riferiti direttamente ai dipartimenti: due per la DGEN, tutti per il DICA, tre per la DICS, sette per la DIQR, uno per il DISA più i tre della presidenza: in totale fanno 24, più di un quarto dei posti. Che cosa vuol dire essere assegnati al dipartimento? E’ da capire.
L’incidenza dei posti messi a bando è piuttosto omogenea: superano il 5% la contabilità nazionale, la comunicazione, la DCIQ e la DCSE.
Nota: sono state escluse dal computo le direzioni prive di posti messi a bando.
Nel caso in cui il bando fa riferimento a posizioni destinate riferito a una combinazione profili (come nel caso dei ricercatori e dei tecnologi) l’attribuzione dei posti a bando è stata effettuata sulla base del peso relativo in termini di personale di ruolo delle singole componenti. Ecco perché nelle tavole i posti destinati a call possono avere i decimali.