Impiegando tutto il mese previsto dalla normativa, la presidenza dell'Istat ha finalmente risposto alcuni giorni fa ai delegati della FLC CGIL che avevano fatto richiesta di accesso civico agli atti sulla procedura di nomina del nuovo capo del dipartimento DIRM
La risposta consta in un’email con ben 17 allegati! Da questi documenti - una nota, 3 verbali e 13 curriculum vitae - siamo riusciti a ricostruire quanto segue.
Per portare avanti la titanica struttura non erano bastate le due precedenti call, che non avevano reperito candidati all’altezza del grave compito di guidare – insieme – quasi la metà dei dipendenti dell’Istituto, peraltro molto eterogenei. Il DIRM infatti comprende le strutture metodologiche, della comunicazione e diffusione, dell’informatica, della raccolta dati e tutti gli uffici territoriali. Era stato quindi necessario un terzo avviso pubblico per "manifestazione di interessi", uscito il 21 giugno.
La commissione destinata a giudicare i 15 curriculum arrivati era composta dal presidente dell’Istat Alleva, dall’ex presidente dell’Istat Alberto Zuliani e da Francesco Favotto. Quest’ ultimo, 69 anni, è professore alla facoltà di economia dell’università di Padova.
Il 28 luglio, nel corso della prima riunione, i tre commissari decidono i criteri per la valutazione dei curriculum: 10 punti ai titoli di studio, 30 all’esperienza professionale, 40 alle competenze, 20 all’eventuale prova orale. Ovviamente tutti i titoli vanno valutati “in relazione al profilo da ricoprire”. Il colloquio viene previsto solo se nessun candidato raggiunge 70 punti con i titoli.
Poi i commissari dovrebbero, secondo il verbale, valutare la rispondenza ai requisiti del bando (e della legge, aggiungiamo noi). Ma inspiegabilmente non lo fanno. Se ne deduce che per la commissione tutti i 15 candidati avevano i requisiti, oppure che i requisiti sono valutati in base ai titoli, cosa ben strana. In ogni caso - analizzando i curriculum dei 13 candidati che abbiamo potuto visionare (purtroppo 2 dei 15 candidati non hanno dato il consenso a fornire i loro nomi, cognomi e curriculum) - abbiamo provato a valutare la presenza dei requisiti.
Ricordiamo che la legge prevede che il direttore sia scelto tra "dirigenti di ricerca", "dirigenti tecnologi" o "dirigenti di amministrazioni pubbliche", o "esperti della materia". Dai curriculum emerge che un solo candidato era dirigente di ricerca al momento del bando, un altro è “dirigente amministrativo di seconda fascia” al MEF, altri 6 sono dirigenti nella pubblica amministrazione, anche se probabilmente non dirigenti amministrativi. Altri tre candidati infine potrebbero essere definiti come esperti della materia: lavorano nel settore privato, ma due sono informatici e l’altro uno statistico. Sono quindi solo due i candidati che - alla nostra lettura - non hanno palesemente i requisti di legge per ricoprire l’incarico. Uno è Valerio Fiorespino, dal cui curriculum non emerge nulla di più rispetto a quanto era già reperibile pubblicamente: un laureato in giurisprudenza con una carriera tutta interna alla RAI, alla direzione del personale. L’altro è laureato in economia e commercio, membro del CdA di una banca, ma con una carriera come dirigente anche in enti pubblici (quindi almeno in passato i requisiti li aveva).
I candidati hanno i titoli di studio più vari: 2 sono laureati in statistica, 2 in economia e commercio, 2 in informatica, 2 in scienze politiche e 2 anche in giurisprudenza, mentre uno è laureato in lettere, uno in medicina e infine uno in fisica. Nessuno lavora attualmente all'Istat.
Insomma, tra i 13 candidati di cui abbiamo le "carte" sembrerebbe che tutti avessero capito alla lettera i requisiti previsti dalla legge e dal bando, tranne il vincitore Fiorespino, che però - come sappiamo a posteriori - forse è l’unico che li aveva compresi davvero.
Nessuno dei 15 candidati raggiunge i 70 punti. Fiorespino, per dire, ne ottiene 60 e - se si escludono i due candidati misteriosi - è il punteggio più alto: 5 per la formazione (i punteggi variano fra 5 e 8), 25 per l’esperienza (ed è il massimo) e 30 per le competenze (anche in questo caso è imbattuto). E’ così che si decide di chiamare a colloquio i candidati che hanno superato i 50 punti: sono solo 4, e Alleva fissa per il 2 agosto la prova orale.
Si presentano solo 3 dei 4 candidati, Fiorespino ottiene ben 18 punti su 20 e gli altri due rispettivamente 15 e 12. La riunione si chiude alle 15:30. Chissà se il commissario Favotto aveva la giusta serenità per valutare i colloqui: la mattina stessa gli era arrivato un avviso di garanzia.
Il 17 agosto si svolge il colloquio per il quarto candidato, che ottiene 14 punti.
Purtroppo è possibile vedere il confronto solo per due dei quattro candidati, poiché il secondo e il terzo sono proprio quelli che hanno negato il consenso. Fiorespino ha 5 punti di formazione con la sua laurea in giurisprudenza, l’altro con due lauree ne ha 7. L'esperienza Rai di Fiorespino comporta 25 punti, quella dell’altro candidato in un ente di ricerca ne dà solo 22. Sulla competenza Fiorespino arriva a 30, l’altro si ferma a 22. Nel complesso finisce 78 a 67 per Fiorespino.
La commissione, nel verbale dell’ultima seduta, definisce inoltre il profilo di competenze di Fiorespino ampio e coerente con le funzioni di direttore del DIRM. Emergerebbe infatti una capacità organizzativo-manageriale di risorse finanziarie e umane, un'ampia esperienza di gestione di strutture complesse, poiché ha introdotto innovazioni dei processi produttivi e organizzativi e nel 2014/2015 è stato uno dei referenti della riorganizzazione dentro la Rai.
Nel curriculm si legge anche che Fiorespino ha “ridotto i compensi di autori, artisti e consulenti nella misura complessiva del 20/30%” ("fare di più con meno"!), ha stipulato i contratti “con tutti i più importanti artisti e conduttori italiani (Benigni, Bonolis, Baudo, Conti, Clerici, Fazio, Gabanelli, Floris, Giannini, Fiorello, Littizzetto, Celentano, Carrà, Angela, Vespa, Giletti, Annunziata, Amadeus, Frizzi, Carlucci e innumerevoli altri)” e ha stipulato contratti e appalti “per la realizzazione delle principali fiction e spettacoli di intrattenimento”, tra cui “Don Matteo, Un posto al sole, Il commissario Montalbano”.
In conclusione, dalla lettura degli “atti” confermiamo tutte le perplessità del primo momento. I requisiti di legge non ci sembrano rispettati, e il candidato selezionato ha un profilo decisamente poco compatibile con le funzioni proprie della struttura dirigenziale che è chiamato a gestire, visto che non ha alcuna competenza in campo statististico, metodologico o informatico. La patente di "guida di strutture complesse" non sembra tra i requisiti previsti dalla norma…
Come organizzazione sindacale non abbiamo altri strumenti se non quello di informare e porre domande. Si tratta di domande che a nostro avviso dovrebbero interessare anche il legislatore, che proprio in questi giorni sta definendo la riforma sugli enti di ricerca, che dovrebbe rinormare - tra le altre cose - la governance del settore e le procedure di nomina e democrazia interna.
Proprio nel rispetto dei principi di autonomia degli enti di ricerca, crediamo che lasciare nelle mani del solo presidente tutte le scelte sui dirigenti, come prevede l'attuale normativa sull'Istat introdotta nel 2010-2011, sia sbagliato. Lo abbiamo detto all'epoca e lo ribadiamo oggi: trasparenza e collegialità devono essere i principi su cui si reggono gli enti di ricerca, anche l'Istat. Riscontriamo che, per applicare parzialmente a queste procedure il principio della trasparenza, declamato da ultimo nel "Piano triennale per la prevenzione della corruzione" pubblicato in questi giorni, c'è voluto l'intervento del sindacato con l'accesso agli atti.
Registriamo infine che - ma era facile prevederlo - l'Istat si è avvalso della possibilità di siglare un contratto col nuovo capodipartimento "entro il valore massimo di 185.000 euro" l'anno, scegliendo esattamente il valore massimo: 185mila euro.