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Il gioco dell'oca delle missioni all'Istat - parte terza: la vendetta

L'Istat chiede indietro rimborsi di un anno prima ai dipendenti

30/10/2014
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Da più parti stanno arrivando nelle ultime settimane alla FLC CGIL segnalazioni su ritardi nei rimborsi delle missioni o peggio su addebiti in busta paga a seguito di contestazioni sulle parcelle di missione anche di un anno prima.

A colleghi che avevano trovato soluzioni di volo più economiche a patto di anticipare di un giorno il viaggio è stata contestata la notte in più in albergo, ad altri è stato richiesto di fornire a posteriori autorizzazioni aggiuntive per giustificare la scelta di alberghi già utilizzati in passato e che improvvisamente sono divenuti di categoria troppo elevata rispetto al livello. O ancora, viene contestato l’orario o il luogo del pasto quando questo si colloca anche a pochi chilometri dal luogo di missione. Nel caso in cui la missione finisca nel pomeriggio è poi diventato quasi impossibile ottenere l’autorizzazione a trattenersi una notte in più nel luogo di missione, costringendo i lavoratori a arrivare anche molto tardi a casa, con i conseguenti rischi per la sicurezza personale, aggravati dalla difficoltà nel farsi rimborsare il taxi.

Sulle modalità contorte per compilare in soli 15 giorni la parcella di missione per ottenere i rimborsi dopo molti mesi, abbiamo già scritto in passato, ma ora siamo arrivati al paradosso di vedere contestate autorizzazioni firmate dai Direttori prima della missione: a cosa serve la firma del dirigente che autorizza a partire in una determinata data, recandosi presso un determinato albergo, se poi questa scelta viene contestata in seguito e per giunta a danno del lavoratore? In un sistema gerarchico e burocratico come il nostro avrebbe senso che almeno fosse chiamato a rispondere della scelta il dirigente, ma evidentemente non si vuole correre il rischio di sospendere definitivamente l’attività istituzionale sul territorio.

Non dovrebbe essere necessario ricordare ancora una volta che ai lavoratori viene chiesto di andare in missione per rappresentare l’Istituto presso le organizzazione internazionali o per partecipare ad attività istituzionali e di ricerca. Invece all'Istat le missioni vengono trattate quasi fossero un premio, i cui privilegi devono essere espiati attraverso procedure complesse, con il rischio che non venga rimborsato quanto dovuto (sempre che il lavoratore se ne accorga, vista la mancanza assoluta di trasparenza nei conteggi effettuati per i rimborsi) e che i lavoratori debbano rimetterci di tasca propria.

Consigliamo al proposito una lettura istruttiva: il vademecum in uso al Cnr che, con chiarezza impensabile per i nostri standard, presenta alcune regole per recarsi in missione e facilitazioni per i lavoratori. Ad esempio non sono previste differenze di categoria alberghiera dal III livello al dirigente amministrativo, oppure è scritto che la somma disponibile per i pasti può essere amministrata nei diversi giorni di missione, o ancora non è necessario che i pasti siano consumati nello stesso comune in cui si svolge la missione, compatibilmente con l’agenda della missione stessa.

Stanchi che a rimetterci siano sempre i lavoratori e che le responsabilità di chi dirige siano sempre fugate, continua a rimanere valido il nostro suggerimento: finché le regole saranno poco chiare o finalizzate al danno del dipendente, ai lavoratori non resta che rifiutarsi di recarsi in missione.

Nel chiedere un cambio di rotta che passa necessariamente per la restituzione di quanto sottratto indebitamente ai lavoratori nei mesi scorsi, si chiede altresì di rendere noti gli eventuali cambiamenti intercorsi di recente sul tema delle missioni, informando l’agenzia e le direzioni di cosa è possibile autorizzare e cosa no in modo preventivo. I lavoratori che vanno in missione dovrebbero preoccuparsi del lavoro da svolgere, non di come fare ad avere il rimborso. 

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