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ISTAT: buoni pasto e lavoro agile

Sull'erogazione in lavoro agile per Covid-19, sulle possibilità di donazione e sull'utilizzo dei risparmi è indispensabile un confronto con le rappresentanze del personale

07/04/2020
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Buoni pasto e lavoro agile

Qual è la normativa? Non esiste una regola generale. Alcune aziende (soprattutto nel privato) pagano il buono pasto durante le giornate di lavoro agile / telelavoro (che, non dimentichiamolo, spesso non è una scelta del lavoratore ma un modo per risparmiare della società).

Nel pubblico quasi ovunque invece non vengono pagati i buoni pasto nelle giornate di lavoro agile, tranne qualche eccezione. Fra gli enti di ricerca solo uno prevede nel disciplinare (emanato l'anno scorso) l'erogazione dei buoni pasto in lavoro agile (l'Infn). Tutti gli altri enti che avevano già regolamenti o accordi, compreso l'Istat, non prevedevano il buono pasto associato al lavoro agile.

Perché, nonostante l'orientamento sia ambivalente (qui si possono leggere alcune argomentazioni a favore e contro l'erogazione del buono pasto), soprattutto nel Pubblico Impiego si tende a non pagare il buono pasto al dipendente? Una spiegazione sta nel concetto di lavoro agile come declinato nel pubblico, e in particolare negli enti di ricerca, ovvero di un lavoro sganciato da una prestazione oraria precisa. L'attività è a obiettivi e riportare invece il tutto a un concetto di orario lavorativo (6 ore più pausa pranzo) ridurrebbe il concetto stesso di lavoro agile, come purtroppo accade spesso dove non si è capito lo spirito dello "smartwork" e il "lavoro agile" prevede addirittura forme di "timbratura del cartellino". Il fatto che il lavoro agile sia sganciato da orari e controlli puntuali dell'attività è peraltro ribadito in modo chiarissimo nelle ultime circolari della ministra della Funzione Pubblica.

Lavoro agile e emergenza Covid-19

Il lavoro agile che stiamo facendo in questo periodo si differenzia decisamente da quello che avevamo appena iniziato a sperimentare.

Manca la volontarietà, gli accordi individuali sono stati bypassati, il numero di giorni mensili massimi non esiste, anzi per la stragrande maggioranza del personale non c'è altra possibilità di lavoro se non quello agile.

E' stato creato un codice specifico (602) e non è possibile, al momento, fare straordinari, recuperare debiti e crediti.

Misure simili sono state adottate in tutto il pubblico impiego, anche sulla base dei vari decreti e circolari usciti in queste settimane.

Per questo si è aperto un dibattito, in tutto il Pubblico Impiego, che ha portato a un confronto tra i sindacati (CGIL, CISL e UIL) e la ministra Dadone, su questo ed altri argomenti.

Il confronto si è chiuso venerdì, con la firma di un protocollo d'intesa, che si occupa dell'impatto del Coronavirus sul lavoro pubblico e sui necessari passaggi di confronto e contrattazione sindacale.

Buoni pasto e lavoro agile per "calamità"

Lo stesso protocollo non dirime la questione, ma afferma un principio molto importante, riportato anche nella circolare numero 2 della Funzione pubblica, uscita lo stesso giorno, venerdì 3 aprile:
"Sul rapporto tra smart working ed erogazione dei buoni pasto, la Funzione pubblica specifica che il personale posto in lavoro agile non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna Pa assume le determinazioni di competenza, confrontandosi con le organizzazioni sindacali".

Il principio è quello che la FLC CGIL aveva già affermato nei due incontri che si sono tenuti con l'amministrazione il 19 marzo e il 1° aprile: ovvero la necessità di un confronto sulla questione con le rappresentanze del personale, evitando di assumere decisioni unilaterali.

Già nell'incontro del 1° aprile l'amministrazione aveva dato disponibilità per un incontro. Dopo la firma del protocollo con la Funzione Pubbica e la circolare numero 2 crediamo quindi che sia necessaria una convocazione.

La tempistica

I buoni pasto caricati ad aprile sono quelli relativi alle presenze di febbraio, quando ancora non era stato attivato il codice 602, quindi ancora non si dovrebbero vedere mutamenti particolari. A partire dal mese di maggio vedremo invece gli effetti del "lavoro agile per calamità" sui buoni pasto.

La possibilità di derogare dalle regole e riconoscere i buoni pasto

La logica con la quale si è mosso finora il governo, ovvero di non creare le premesse per un'austerità che aggravi la crisi economica dovuta all'emergenza in corso, dovrebbe e potrebbe, secondo noi, portare - straordinariamente - all'erogazione dei buoni pasto a tutti i colleghi in lavoro agile "forzoso".

La possibilità di "donare" i buoni pasto o i risparmi dovuti alla mancata erogazione degli stessi

Molti dipendenti ritengono giusto che i fondi dei buoni pasto possano essere destinati a fornire un aiuto nell'ambito di questa emergenza. Come sindacato condividiamo questa finalità.

Ciò può avvenire "tecnicamente" in vari modi:

- se erogati ai dipendenti, saranno poi i colleghi singolarmente a decidere se e a chi donare una parte o tutto;

- se non erogati ai dipendenti, l'Istat potrebbe destinare quei "risparmi" a uno scopo utile.

Cominciamo però con il precisare che i presunti "risparmi" ad oggi ancora non ci sono (cominceranno ad esserci da maggio, come detto sopra).

L'iniziativa annunciata dalla sindaca di Roma di devolvere ai bisognosi i risparmi dovuti alla mancata erogazione dei buoni pasto ai dipendenti comunali, appare quindi più un annuncio che una misura immediata. Inoltre ciascun comune ha tra i suoi compiti istituzionali, ribaditi con il decreto della scorsa settimana che li ha appositamente rifinanziati, un aiuto di ultima istanza a persone in difficoltà. Perciò se il comune effettivamente perseguirà la strada annunciata, potrà semplicemente spostare i fondi da un capitolo di bilancio a un altro.

Nel nostro caso l'Istat acquista mese per mese i buoni da varie società, sulla base delle presenze dei propri dipendenti. Se i buoni fossero comunque erogati, andrebbero acquistati. A quel punto procedere con la beneficenza diventerebbe complicato. Ciascuno dovrebbe acquistare dei prodotti da fare arrivare a un'associazione.

Una soluzione ottimale potrebbe essere quella di far scegliere in anticipo al dipendente se tenere il buono pasto (e poi eventualmente donare a chi preferisce) o rinunciarci a favore di uno scopo utile, magari dando una possibilità di scelta.

Se l'amministrazione rifiutasse di erogare i buoni pasto al personale, chiederemo in ogni caso un utilizzo sociale legato all'emergenza Covid-19 dei risparmi realizzati dall'Istituto.

Con questo spirito e queste proposte ci presenteremo al tavolo con l'amministrazione.

Donare è possibile già ora

Come FLC CGIL invitiamo già da ora a donare, per chi ne ha la possibilità, buoni pasto (già accreditati) e non solo alle associazioni che oggi sostengono chi è in difficoltà.

Segnaliamo ad esempio i volontari di Nonna Roma, che stanno distribuendo generi di prima necessità a chi ne ha bisogno nella Capitale.

Abbiamo anche già segnalato la campagna unitaria CGIL-CISL-UIL di donazioni alla Protezione Civile, per sostenere le strutture di terapia intensiva: Aiuta chi ci aiuta.

E' stato creato infine un apposito portale per donazioni a enti no profit.

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