Dopo l’incontro dello scorso 15 aprile 2020, in vista dell’appuntamento di contrattazione fissato per mercoledì 29, le organizzazioni sindacali hanno inviato venerdì 24 aprile, unitariamente, una lunga nota, contenente una serie di considerazioni, con l’obiettivo di definire un protocollo d’intesa tra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali.
Lavoro agile come modalità prevalente
E’ decisivo, per rispettare l’obiettivo primario della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, anche visto il successo della modalità smartwork di queste settimane, che la modalità prevalente dell’attività rimanga quella di “lavoro agile”, anche perché il DPCM del 26 aprile ha di fatto prorogato le norme precedenti in tema di Pubblica Amministrazione.
E’ assolutamente da evitare qualsiasi obbligo di presenza in sede per le lavoratrici e i lavoratori, anche sotto forma di “invito” più o meno esplicito. Crediamo sia inutile e complicato fare distinzioni, almeno nell’immediato, visto anche che molti lavoratori utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro.
Per questo il codice 602 deve rimanere attivo almeno fino al 31 luglio. Gli eventuali rientri in sede devono essere regolamentati, limitati nel numero e basati esclusivamente sulla volontarietà dei lavoratori. Allo stesso tempo, deve rimanere la possibilità di non rientrare in sede per tutti i telelavoratori.
Non può bastare la ridefinizione della capienza massima per sede, deve essere adottata una modalità di organizzazione in grado di turnare le presenze, utilizzando “al contrario” gli schemi predisposti per l’organizzazione del lavoro agile ordinario all’interno dei servizi.
Sicurezza
Il primo obiettivo della cosiddetta fase due deve rimanere la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, e la responsabilità sociale che quindi minimizzi gli spostamenti e garantisca il distanziamento.
Per questo occorre innanzitutto definire gli ambienti non idonei, almeno in questa fase, per la presenza continuativa, come le stanze che non hanno la possibilità di ricambio diretto di aria e ventilazione, tra i quali tutti i locali seminterrati; ridefinire le capienze massime delle sedi, adottando il criterio di una persona per stanza, come già proposto al tavolo del 15 aprile; regolamentare chiaramente l’utilizzo di qualsiasi ambiente comune; garantire le necessarie protezioni individuali fornendo almeno due mascherine a dipendente; fornire un piano regolare e continuativo di sanificazioni in tutte le sedi; mantenere le attuali regole che vietano riunioni in presenza, missioni, attività di sportello al personale interno e esterno; adeguarsi alle norme dettate dalle autorità sanitarie; stabilire una prassi condivisa per il trattamento e l’informazione di eventuali casi sospetti e positivi di colleghi dell’Istat; definire comportamenti e regole valide anche per i lavoratori delle ditte in appalto e i consulenti.
La necessità di riaprire le sedi
Il rientro delle lavoratrici e dei lavoratori in ufficio appare al momento un rischio più che un’opportunità. Aprire le sedi può dare l’opportunità ai colleghi che ne abbiano necessità di accedere a documenti o strumenti hardware e software non disponibili presso le proprie abitazioni. In mancanza di possibilità di riunirsi e incontrarsi con altri colleghi, non ha alcun ulteriore vantaggio per l’attività lavorativa. L’apertura delle singole sedi non può avere come unico scopo quello di un eventuale “segnale” istituzionale. Per questo vanno ponderati vantaggi e svantaggi, caso per caso, confrontandosi con le rappresentanze unitarie, gli RLS e le organizzazioni sindacali.
Particolare attenzione va posta alle sedi territoriali.
Prima di riaprire eventualmente le singole sedi territoriali, deve essere convocato un tavolo dal dirigente dell’ufficio, coinvolgendo organizzazioni sindacali e RSU di sede.
Oltre alle condizioni di sicurezza di cui ai precedenti punti e quindi alle disposizioni che si decideranno centralmente per tutto l’Istituto, nonché alla considerazione di eventuali norme specifiche territoriali che dovessero essere adottate nelle prossime settimane, per poter riaprire una singola sede devono essere garantite le presenze volontarie di un numero minimo di colleghi. Se così non fosse, per indisponibilità delle lavoratrici e dei lavoratori, che vogliono continuare a lavorare in codice 602 senza presenza fisica in ufficio, il dirigente dovrà dichiarare l’impossibilità a riaprire o un calendario limitato di aperture, che sarà quindi diffuso sul sito dell’Istat.
In vista del tavolo di mercoledì 29, ovviamente si dovranno prendere in considerazione anche il DPCM emanato nella serata di domenica 26 aprile dal governo e il nuovo protocollo di sicurezza siglato da CGIL, CISL e UIL e dal governo il 24 aprile, che è peraltro parte integrante del DPCM.
Scarica il DPCM del 26 aprile con gli allegati