In attesa della prevista riunione del comitato nazionale di monitoraggio delle misure anti-Covid, abbiamo inviato una nota, segnalando alcune questioni, tra quelle emerse dal confronto con lavoratrici e lavoratori e nei comitati territoriali, che andrebbero chiarite urgentemente.
La prima questione riguarda l’utilizzo dei codici. Non è chiaro se vada utilizzato il codice 603 da tutti i dipendenti fino a 20 giorni di lavoro agile, per poi passare agli altri codici (per chi è autorizzato a derogare al limite massimo di giorni), oppure se i lavoratori rientranti nelle categorie “speciali” debbano usare sempre solamente il “loro” codice (604, 605, 606 e 607).
Ad oggi peraltro non tutti i dipendenti hanno avuto contezza del proprio “status”. Al momento a quanto risulta alla scrivente organizzazione sindacale, i telelavoratori (606), i vincitori dell’ultimo bando di telelavoro (607), i “fragili” (604) e i “suscettibili” (605) hanno ricevuto una comunicazione dalla DCRU. Questo ancora non è avvenuto per molti dei colleghi negli uffici territoriali. Chi ha problemi “logistici” – cioè chi non ha la sede di servizio, non ha la postazione oppure ha la postazione in una stanza con più colleghi - non ha ancora avuto indicazioni.
Non è chiaro inoltre come debba essere gestito l’utilizzo dei codici in caso di “cambio di stato” (ad esempio lavoratrici o lavoratori che passano da “codice rosso” a “giallo” o “verde”, o viceversa) che avvenga nel periodo novembre-dicembre: è di tutta evidenza che i giorni di impossibilità (totale o parziale) a venire in ufficio per prescrizione medica o per motivi logistici non devono essere conteggiati nel tetto massimo dei 20 giorni di lavoro agile.
Abbiamo proposto nella nota di introdurre fra le casistiche di lavoro agile in deroga (con l’utilizzo del codice 605) le giornate di chiusura forzata di una sede, programmate dal dirigente territoriale per mancanza di un sufficiente numero di presenze, o per eventi eccezionali e imprevedibili, nonché – su richiesta – i giorni di isolamento domiciliare / quarantena propri o di conviventi, in linea con quanto presente nella delibera 811 nonché nel verbale di confronto del 27 ottobre scorso.
Occorrono infine alcuni interventi per evitare disomogeneità non giustificabili all’interno dell’ente. Una prima opera di sensibilizzazione, come peraltro concordato al tavolo dal Direttore Generale, è necessaria presso i medici competenti, che devono avere l’indicazione di utilizzare le prescrizioni (anche intermedie), considerando il quadro complessivo della situazione del singolo dipendente. Si evidenzia che a tutt’oggi nel documento sulle “Misure di prevenzione obbligatorie per limitare i rischi da nuovo Corona Virus per le sedi Istat di Roma” si legge che l’opera dei medici competenti è volta a “tutelare lavoratori fragili e conviventi fragili”, e che “i lavoratori che intendono dare comunicazione di variazione dello stato di salute propria o dei conviventi” possano richiedere una visita straordinaria. Andrebbe richiamato il principio di gradualità, ben presente negli stessi documenti dell’Istat, peraltro in un contesto di evidente incremento del rischio pandemico.
Una seconda direttiva chiara va data ai dirigenti, che ancora oggi hanno comportamenti difformi nell’interpretazione delle prescrizioni dei medici competenti e nell’individuazione della categoria dei “suscettibili”. Anche per quanto riguarda i piani di rientro, risultano alla nostra organizzazione sindacale forti differenze sia nella tempistica, sia nella gestione del confronto fra dirigente e dipendenti.