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ISTAT: piano di fabbisogno e relazioni sindacali

Presidente e direttore generale dell'Istat contro i rappresentanti dei lavoratori

30/04/2017
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Durante la giornata di mobilitazione di mercoledì 26 una delegazione di lavoratrici e lavoratori è stata ricevuta dal Consiglio. Il presidente Alleva non ha risposto alle domande poste dai rappresentanti sindacali, che chiedevano un rinvio dell'approvazione del piano di fabbisogno e di riconsiderare le risorse assunzionali, ampliandole e concentrandole sul 2017. L'assemblea si è quindi riconvocata nel pomeriggio e ha deciso di chiedere nuovamente risposte al presidente e ai consiglieri, ma Alleva ha ritenuto di sciogliere la riunione senza dare alcun riscontro.

Giovedì 27 il presidente ha inviato una lettera a tutto il personale, annunciando trionfalmente l'approvazione del Piano di fabbisogno nella seduta del consiglio del giorno precedente e stigmatizzando l'"atteggiamento" "permeato da logiche corporative" di "persone e sindacalisti" presenti. Alla provocazione evidente è seguito un comunicato unitario di FLC CGIL, FIR CISL, UIL RUA e ANPRI, in risposta alla lettera del presidente.

Il Piano di fabbisogno approvato è stato pubblicato sulla Intranet dell'istituto e mentre il comunicato unitario inviato sabato mattina veniva scritto dalle organizzazioni sindacali, nel pomeriggio di venerdì 28 aprile il direttore generale ha inviato una nota alle segreterie nazionali delle quattro organizzazioni sindacali e all’ARAN.

La nota è un inedito gesto di arroganza e di sbalorditiva insensatezza politica di chi ha idee confuse sull’orientamento che dovrebbe avere la propria azione e su quali siano i possibili strumenti a disposizione per realizzarla.

Si tratta dell'ultima testimonianza di una preoccupante debolezza che caratterizza l'attuale vertice dell'Istat e che emerge ogni qual volta si debba affrontare un’attività che implichi responsabilità di gestione.

Anche se si tratta di un’attività fondamentale come quella di condividere il piano di fabbisogno del personale, per rimanere al merito della vicenda.

Anche se si tratta semplicemente di offrire segnali coerenti di fronte a una richiesta di dialogo, possibilmente evitando di concordare un’interlocuzione in consiglio con lavoratori e sindacati un giorno e inviare note di minaccia e censura il giorno seguente solo perché l'esito della discussione era diverso da quello atteso.

Dalla modernizzazione alla vicenda politica del censimento permanente, dalla scelta dei nuovi dirigenti al rapporto con i bisogni del personale alla gestione delle relazioni sindacali, questo è il principale punto di fragilità cui l'Istituto oggi appare esposto.

Attingendo ad un catalogo di strumenti ideativi che evidentemente non accenna ad irrobustirsi, il direttore generale oggi minaccia azioni legali e di censura contro i rappresentanti sindacali, citando addirittura lo Statuto dei Lavoratori. Immaginazione povera e politica tronfia, questa è la legge ferrea a cui ci ha abituato la direzione generale dell'Istat. Sarà molto interessante discuterne nel merito con il presidente, ammesso che questi voglia finalmente rispondere alla richiesta unitaria di un incontro urgente di chiarimento, in cui capire dov'è che si vuole arrivare.

Ciò che è accaduto mercoledì scorso è infatti assurdo, ma contemporaneamente non ci ha stupito. Da quando si è insediato, ormai più di due anni e mezzo fa, il presidente Alleva non ha mai voluto relazionarsi davvero con le organizzazioni sindacali per affrontare e risolvere in modo condiviso le grandi e le piccole questioni che riguardano l'istituto e i suoi lavoratori, nonostante le ripetute richieste e sollecitazioni.

Il presidente ha delegato interamente in questi anni al direttore generale il rapporto con le organizzazioni sindacali, svuotando di senso anche la delegazione trattante dell’amministrazione al tavolo. Le organizzazioni sindacali hanno così dovuto affrontare un interlocutore animato da uno sterile spirito di competizione con le controparti, costantemente sul filo della rottura delle relazioni sindacali. Rottura che periodicamente si è fatta esplicita nel corso degli ultimi due anni.

Tutti ricordano che il predecessore di Alleva, l’ex Presidente Giovannini, impiegò più di un anno per rendersi conto che evitare un dialogo alla pari con le rappresentanze sindacali e i lavoratori spostava i problemi senza affrontarli, producendo un formidabile volano per l'esplosione conflittuale delle contraddizioni irrisolte. Nonostante la sua spiccata capacità gestionale, Enrico Giovannini dovette realizzare di non avere da solo sufficienti strumenti per una guida efficace di una complessità come l'Istat.

Alleva sembra non aver ancora compreso che un istituto di ricerca non è un gigantesco dipartimento universitario. Il presidente dell’Istat riveste un ruolo politico e di indirizzo, che implica una necessità inderogabile di esporsi in prima persona nelle vicende interne e in quelle esterne all'Istituto. La paternalistica lettera di annuncio dell'approvazione del piano di fabbisogno inviata giovedì 27 a tutti i lavoratori è imbarazzante, così come la nota di minaccia del giorno successivo è una grave provocazione e sintomo di un delirio inspiegabile, il cui unico scopo sembra essere quello di provare a intimidire i lavoratori e i loro rappresentanti: tentativo puerile, che anzi sta generando una grande solidarietà di tutto il personale intorno ai delegati sindacali e a coloro che si trovavano mercoledì in assemblea. La segreteria nazionale della FLC CGIL risponderà alla nota del direttore generale.

Chiunque avrebbe capito che se arrivano richieste di modifica al piano di fabbisogno da gruppi di ogni tipo, se un insieme di capi servizio scrive al presidente, se le organizzazioni sindacali propongono modifiche singolarmente e unitariamente al piano proposto, e se soprattutto cento lavoratori in assemblea insieme alle principali organizzazioni sindacali dell'Istituto chiedono di discutere con il consiglio di Istituto lo stesso tema, probabilmente qualche problema da risolvere esiste.

Chiunque, ma non il presidente dell'Istat.

Così, una vicenda che la FLC CGIL riteneva facilmente gestibile diventa gigante. Siamo davvero di fronte ad un capolavoro politico. Si invoca il complotto corporativistico nella lettera del 27, ma lo si fa perché manca il coraggio di prendere atto che l'attuale direttore generale non è in grado di gestire né le relazioni interne né quelle esterne all'Istituto. Per essere certi di creare una spirale infinita di sdegno e reazioni in tutto il personale si invia anche la nota del 28 aprile.

Sarà utile fare un po’ di chiarezza in merito al valore del piano di fabbisogno in discussione, che leggendo la nota del presidente sembrerebbe incompreso da tutti fuorché da lui stesso e dai suoi quattro sodali.

L'insieme delle risorse e delle possibilità normative che rendono il piano triennale 2017-2019 “senza precedenti”  è, in parte rilevante, il frutto dell'ultimo anno e mezzo di lavoro del sindacato e della CGIL in particolare. Ci riferiamo al D.Lgs. 218 del 2016, all'accordo sindacale sul precariato nella pubblica amministrazione da cui deriva la norma di stabilizzazione in corso di approvazione in Parlamento e alla condivisione con il ministero vigilante della priorità della stabilizzazione dei precari dell'Istat per svolgere il censimento permanente. Senza questi elementi la norma non sarebbe mai arrivata in Parlamento, e in ogni caso, senza il protagonismo del personale precario, il percorso - almeno di quella norma - non sarebbe giunto a compimento.

Ci riferiamo anche ai dispositivi normativi che hanno permesso di recuperare le risorse storiche dell'articolo 54 e di connettere alla modernizzazione un aumento delle risorse per la contrattazione.  Il presidente Alleva è consapevole che il lavoro della FLC CGIL sulla contrattazione ha determinato il contesto esterno dentro il quale l'Istituto ha potuto lavorare per raggiungere quell'obiettivo, al netto dei ritardi dovuti alla modalità competitiva con cui il direttore generale ha guidato anche quella vicenda. Altrimenti saremmo ancora fermi ai 3-400 mila euro complessivi per indennità, passaggi economici e di livello proposti due anni fa dall'amministrazione. Nonostante questo si susseguono ritardi, rigidità, impegni non rispettati.

Dunque sia chiaro che noi, tutti noi, lavoratori e sindacato abbiamo piena consapevolezza, sia di ciò che vale questo piano di fabbisogno, sia del percorso intrapreso per arrivarci, compreso il ruolo giocato da ognuno degli attori in campo.

Per la FLC CGIL resta un quesito aperto se la stessa consapevolezza permei i vertici dell'Istituto. Ci appare infatti del tutto sorprendente che davvero non si riesca a comprendere che, se nel piano di fabbisogno - definito con troppa enfasi come “senza precedenti nella storia dell'Istituto” - non si mostra ovunque sia possibile un’attenzione verso ognuna delle categorie di personale dell'Istituto e verso tutti i nodi di insoddisfazione causati dagli ultimi dieci anni, il personale escluso si percepirà come definitivamente ai margini dei percorsi di sviluppo dell'Istituto e fuori da qualsiasi possibilità di avanzamento della propria condizione. Bisogna avere davvero una visione miope e autoreferenziale per non considerare i nodi irrisolti di questi ultimi anni in cui si è consumato un annichilimento progressivo delle condizioni e delle prospettive di lavoro, rispondendo alla rivendicazione di attenzione agli interessi di tutti come un mercante del suk, sempre attento a non concedere troppo al proprio interlocutore.

Riteniamo in ogni caso di non voler alimentare la dialettica tipica messa in campo dall'Istat nelle relazioni sindacali, che evita di gestire le questioni poste ingigantendole fino al punto di potersi poi paternalisticamente stupire dei toni inappropriati assunti dal personale, oppure avanzando censure e minacce.

Per tornare al concreto linkiamo la nota inviata lo scorso 19 aprile all'amministrazione in merito al piano di fabbisogno. Sinteticamente proponevamo che il piano di fabbisogno contenesse:

  • Stabilizzazione di tutti gli attuali precarie programmazione del reclutamento futuro senza ricorrere a contratti precari
  • Scorrimento di tutte le graduatorie da II e da III, compresa quella del 2004
  • Scorrimento, anche minimo, della graduatoria di IV livello del 2007
  • Scorrimenti– invece di nuovi concorsi – al I livello, legati ai fabbisogni e non a logiche personalistiche
  • La destinazione ditutte le risorse che si sarebbero trovate grazie a calendarizzazioni migliori, calcoli rivisti e variazioni di bilancio, sull’incremento e l’anticipazione di scorrimenti e nuovi posti a concorso, soprattutto al III livello
  • Nuovi concorsi, specialmente al III livello con numeri decisamente più alti, tenendo conto della storia e delle aree penalizzate maggiormente negli ultimi concorsi
  • Impegno ad incrementare le entrate statali, in particolare in relazione alla legge sul censimento permanente, e a diminuire le spese per beni e e servizi
  • Individuare criteri e modalità trasparenti e generali per il reclutamento nei prossimi anni
  • La velocizzazione della contrattazione al fine di chiudere entro l’anno le progressioni economiche (art. 53) e di livello(art. 54) e la procedura per l’indennità di valorizzazione dei IV CTER (art. 42)

Non elenchiamo nuovamente quello che pensiamo perché la nostra proposta sia l'unica possibile, né perché essa sia la risposta necessariamente più rappresentativa di tutte le istanze del personale. Però è sicuramente un esempio, la testimonianza del fatto che senza innescare estenuanti conflittualità, era possibile dare un profilo diverso e generale a questo piano di fabbisogno.  

Vi terremo aggiornati sugli sviluppi della vicenda.

Buon primo maggio

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