All'ordine del giorno era la contrattazione sulle fasce obbligatorie, come da protocollo d'intesa, in base all'art. 68, comma 4, lettera m dell'ultimo CCNL.
La prima parte dell’incontro è stato dedicato a un’informativa da parte dell’amministrazione sul lavoro agile.
Lavoro agile
E’ in uscita il comunicato che spiega il funzionamento concreto della sperimentazione, che durerà per tre mesi, in base al protocollo d’intesa firmato il 19 dicembre 2019. Sintetizziamo quello che ha riferito la DCRU:
Rimangono alcune incertezze “tecniche” dell’amministrazione. Infatti la norma prevede che i singoli accordi siano caricati sul portale del ministero del lavoro: non è ancora stato deciso se questa operazione verrà centralizzata o sarà delegata alle segreterie di direzione. Senza il caricamento, i dipendenti coinvolti non potranno risultare assicurati nelle giornate di lavoro agile.
A nostro parere la sperimentazione dovrebbe servire non solo ad estendere a tutti i servizi e a tutti i lavoratori la possibilità di fruire dello smart working, ma anche per eliminare la discrezionalità del dirigente sulle giornate massime di fruizione mensile, e che la flessibilità sia – semmai – a partire da 4 giorni al mese, senza porre altre limitazioni (come avviene già ad esempio all’Ispra). Anche i 3 giorni di preavviso ci sembrano decisamente eccessivi e poco “agili”.
Anticipi di fascia
Entro la settimana uscirà il bando, di cui è stata fornita una bozza cartacea al tavolo. L’amministrazione ha ancora dei dubbi sulla commissione unica (costituita da capi dipartimento e direttore generale), perché potrebbe allungare i tempi.
E’ stata stimata una platea di 350 possibili candidati, mentre il numero di vincitori non è prevedibile a priori, ma dovrebbe essere pari a circa 20 colleghi. Ricordiamo che, in base alle valutazioni di fascia in corso (che riguardano i colleghi ai quali l’anzianità a tempo determinata è stata riconosciuta in base al CCNL 2016/2018), nonché alla proposta transattiva che l’Istat continua a rinviare, esiste la possibilità che numerosi colleghi siano al momento inquadrati nella fascia sbagliata. Deve essere consentito comunque di partecipare in base all’anzianità “reale”. Per questo chiediamo che non si chiuda la procedura in base a un elenco preconfezionato, come accaduto con l’articolo 54 l’anno scorso.
Flessibilità in entrata e uscita
Solo nella seconda parte dell’incontro è stato affrontato l’argomento all’ordine del giorno, ovvero la contrattazione, prevista dall’art. 68, art. 4 lettera m del CCNL 2016/2018, riguardante “i criteri generali per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare”.
Il direttore generale ha chiesto alle organizzazioni sindacali di chiarire quale sia il “perimetro” dentro cui c’è la volontà di affrontare una contrattazione.
La FLC CGIL ha innanzitutto risposto con la volontà di affrontare la contrattazione attenendosi alla norma del CCNL, con l’obiettivo dichiarato della maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, così come deciso nel protocollo d’intesa dello scorso 19 dicembre. Non siamo disponibili a scambi impropri, come aveva provato a fare il precedente direttore generale negli ultimi mesi del 2018.
L’altro obiettivo che riteniamo prioritario è un avvicinamento dell’orario di lavoro del personale tecnico-amministrativo a quello di ricercatori e tecnologi, per un adeguamento all’organizzazione di un ente di ricerca, dove sempre più le attività prevedono un’orizzontalità e una condivisione a prescindere dalle gerarchie dei livelli di inquadramento.
Non siamo disponibili a passi indietro rispetto all’accordo sull’orario del lavoro del 2008 e al successivo regolamento, che hanno consentito all’Istituto di rimanere nell’alveo degli enti di ricerca, organizzando le attività in modo più flessibile di un qualsiasi ufficio ministeriale. A questo proposito abbiamo chiesto all’amministrazione di fornire una serie storica dei dati aggregati sugli orari di entrata e uscita del personale, sui permessi utilizzati, su tutto quanto possa aiutare a adeguare la regolamentazione attuale alle necessità del personale e dell’Istituto.
In ogni caso vogliamo stare al dettato contrattuale: occorre quindi partire dalle regole attuali e migliorare la “conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare”. A questo scopo sono benvenuti il telelavoro, per il quale continuiamo a chiedere un’estensione dei posti, e il lavoro agile, per il quale proporremo dopo la sperimentazione un utilizzo più esteso, ad esempio prevedendolo anche “frazionato” durante la giornata. Ma a nostro parere si può fare molto anche abolendo l’anacronistica cosiddetta “fascia di compresenza” dei lavoratori dei livelli IV-VIII.
Dodici anni fa si ridusse la fascia obbligatoria, ma solo in uscita, mentre il CCNL parla eventualmente di un “nucleo centrale” nel quale collocarla. Se si pensasse a una riduzione, si dovrebbe portare avanti l’orario di ingresso, fissato da troppo tempo alle 9.30.
Ma è solo l’eliminazione tout court della fascia obbligatoria che porterebbe alla inutilità di alcuni “permessi” costruiti attraverso la contrattazione integrativa del 2008 (come il 450 e il 451), e quindi a un risparmio nei controlli e ad una salutare sburocratizzazione.
Negli ultimi anni sono cresciute le difficoltà di spostamento, soprattutto nelle grandi città, come dimostra da ultimo la classifica Inrix (Global card scorecard) su 200 capitali del mondo, pubblicata la scorsa settimana. Da questa analisi risulta che “Roma è la seconda città al mondo per tempo perso nel traffico, dopo Bogotà”. Milano è settima. Ogni anno si perdono, secondo questa ricerca, 254 ore nel traffico a Roma, 226 a Milano, 186 a Napoli, e così via.
La maggiore sensibilità ambientale sta creando inoltre un incremento dei disagi legati agli spostamenti, dei quali abbiamo testimonianza concreta proprio in questi giorni: blocco dei veicoli inquinanti, targhe alterne, giornate senza auto. Sono varie le strade che l’Istituto potrebbe intraprendere per favorire l’uso del mezzo pubblico (dal car pooling al bike sharing: la figura del mobility manager, per la quale è in corso una call, potrebbe facilitare tutte le misure possibili), ma già garantire maggiore flessibilità, soprattutto in entrata, basterebbe da sola a ottimizzare i tragitti casa-lavoro, e conseguentemente ridurre il tempo perso nel traffico, con vantaggi per il personale e per le attività lavorative.
Direttamente collegati alla questione della fascia di compresenza sono i tempi previsti per la “pausa pranzo”, oggi liberi per i colleghi dei primi tre livelli e confinati per i IV-VIII dalle 12.45 alle 15, con disagi e discriminazioni che hanno portato, in alcune occasioni, a situazioni imbarazzanti.
Inoltre, in base all’art. 68, comma 5, lettera m dell’ultimo contratto si potrebbe prevedere la contrattazione decentrata, sede per sede, sulla flessibilità in entrata e in uscita (7.45-19.00). Già nell’accordo del 2008 era infatti scritto:
“Le parti si impegnano a valutare entro il mese di aprile 2008 la possibilità di effettuare una sperimentazione mirata a verificare la praticabilità dell’inizio dell’orario di lavoro alle 7.30”.
Dopo l’intervento delle organizzazioni sindacali, da parte del direttore del personale Weber è arrivato un richiamo alle “prassi sulle quali bisogna discutere”, lasciando intendere che all’interno della DCRU persiste l’idea di mettere in discussione alcuni istituti previsti dal nostro regolamento sull’orario di lavoro. il direttore generale Camisasca ha assicurato che “passi indietro nessuno ne vuole fare” e che sui temi riguardanti l’orario di lavoro vuole mantenere un confronto, anche al di là della contrattazione.
Ci sarà una nuova convocazione nelle prossime settimane: verificheremo che il “perimetro” del confronto sindacale rimanga nell’alveo del contratto e che quindi gli obiettivi comuni siano una maggiore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e un avvicinamento dell’orario di lavoro dei IV-VIII a quello dei I-III.