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ISTAT: firmato l’accordo. Proroghe per tutti i precari al 2017, con l’orizzonte del 2020

Un passo avanti decisivo verso la stabilizzazione

30/11/2014
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La FLC CGIL ha firmato giovedì 27 novembre l’accordo per la proroga di tutti i precari dando attuazione all’articolo 5, comma 4 bis del D.Lgs. 368/2001. I 372 precari servono all’Istat fino alla fine del 2020, e la prima proroga viene fatta fino al 31 dicembre 2017, ovvero fino a quando ci sono, ad oggi, i fondi.

Alcune considerazioni su quanto accaduto:

  1. L’accordo ha riportato a completa unità la vertenza e i destini dei precari dell’Istat. Non ci sono più precari strettamente connessi alle attività censuarie da un lato e da un altro quelli su altri settori; non ci sono più i precari “ultimi arrivati”, ovvero quelli entrati nel 2013; non ci saranno più precari con scadenze contrattuali varie, fra i quali alcuni “baciati dal D’Alia” con scadenze più lunghe.
  2. L'accordo riconosce dentro una programmazione di lungo periodo, fino al 2020, la necessità del personale oggi a termine in tutti i settori dell’Istituto per lo svolgimento della generalità delle attività ordinarie nella loro parte innovativa. Siamo dunque oltre i fabbisogni censuari, disinnescando la tesi che l’attuale quantità di precari è superiore a quella utile alle attività del censimento, per cui la stabilizzazione se mai fosse arrivata, certamente non sarebbe stata per tutti.
  3. Viene risolto il problema serio del mancato emendamento nella legge di stabilità dei termini contenuti nella seconda parte del comma 3 dell'articolo 3 del Dlgs 179/2012 per la proroga dei contratti. Con ciò chiarendo due ambiguità su cui permane il “fraintendimento” di molti. La prima teoria demolita dall'accordo è quella secondo cui non si potrebbero spendere i risparmi censuari per le attività preparatorie del censimento oltre il 2015 (cosa che non è mai stata vera), la seconda che comunque, nell’ambito del loro utilizzo, tra gli impieghi possibili non ci può essere, dopo il 2015, quello per attivare contratti a termine. Queste teorie infondate e illogiche, ma molto pericolose, vengono, con la prima proroga al 2017, spazzate via.
  4. Viene svelato, nella sua infondatezza e contraddittorietà, il tentativo, trasversale al passare dei Governi, di minare lo strumento in mano agli Enti pubblici per determinare in modo autonomo la proroga dei contratti a termine, cioè il Dlgs 368/2001. Come peraltro chiarito una volta per tutte (ma evidentemente non per tutti) dalla stessa circolare 5/2013 della Funzione Pubblica, l’accordo è uno strumento ulteriore di proroga rispetto a quelli già previsti da altre leggi, come il Decreto D’Alia stesso o come, nel caso dell’Istat, il “Decreto Sviluppo Bis” del 2012. L’accordo non si limita, come vorrebbe qualcuno, a ratificare quanto già previsto da altre norme, magari allo scopo di coprire con il consenso sindacale i dispositivi normativi con cui da anni si tentano di aggirare i limiti posti dalla normativa europea all’utilizzo dei contratti a termine nella Pubblica Amministrazione.
  5. L'accordo esplicita l’“esigenza” di superare il ricorso a tipologie di lavoro flessibile, non solo a tempo determinato come in altri enti, e sancisce che fino al 2020 non si procederà ad attivare nuovi contratti di lavoro flessibile se non per “motivate esigenze”. Come noto la legislazione su questo versante lascia ampissimi margini di manovra alle amministrazioni pubbliche per attingere con disinvoltura ad ogni forma di precariato. Sarà perciò nostra cura vigilare affinché venga rispettato l'impegno a superare il precariato e congelare temporaneamente nuovi ingressi.

Tutto questo è l’esito di una lunga trattativa gestita all’interno di una solida mobilitazione. La FLC CGIL ha potuto mettere a disposizione di un percorso di lotta che dura da due anni non solo la propria forza di proporre, o di far saltare il banco ogni volta che le risposte non erano all’altezza della mobilitazione in corso, ma anche la capacità di inventare un accordo con caratteristiche inedite rispetto al panorama degli altri Epr, che rispondesse in modo più avanzato possibile alle esigenze della vertenza dei precari dell’Istat.

Si chiude così da molti punti di vista un ciclo. La firma è l’ultimo passo del cammino iniziato a marzo di quest’anno con la proclamazione dello stato di agitazione da parte della FLC CGIL e l’avvio della mobilitazione dei precari contro un piano di fabbisogno che li teneva ai margini dei progetti di reclutamento dell’Istat dei prossimi anni. Su questo rifiuto radicale abbiamo immediatamente rilanciato, chiedendo proroghe lunghe uguali per tutti ai sensi del Dlgs. 368/2001, anticipando di un anno la battaglia che comunque avremmo dovuto affrontare alla fine del 2015.

La vicenda Istat ci ricorda che il sindacato, se fa bene il suo mestiere, non favorisce la partecipazione delegata, piuttosto è uno strumento che alimenta il protagonismo diretto dei lavoratori perché mettendo insieme proposta e conflitto si possono raggiungere obiettivi importanti.

Si chiude un ciclo anche perché questo accordo ha avuto molti e vari avversari, la maggior parte dei quali interni e in seno alla Direzione Generale dell’Istituto. A maggio si dimise l’ex direttore del personale Antonino Costantino perché si apriva la trattativa per l’accordo, oggi all’indomani della firma, nel sollievo generale di tutto l’Istat, lo segue il suo successore Michele Palma, sul quale la FLC CGIL ha scritto molto e su cui dunque non vale la pena tornare. In verità anche alcuni alti dirigenti di produzione hanno dato fino all’ultimo un “contributo” per complicare la chiusura dell’accordo, preoccupati di distinguere fra precari di serie A e di serie B. Va riconosciuto comunque che il direttore Generale, Paolo Weber, ha capito e voluto l’accordo interpretandolo come possibile avanzamento per l’Istat. Questo percorso ha dunque chiarito alcune dinamiche di conflitto interno all’Istituto, sia di visione che di gestione che ne rendono davvero difficile il governo. Oltre a fare chiarezza, l’accordo ha iniziato anche a fare pulizia: auspichiamo che il lavoro prosegua senza timidezze.

Si chiude un ciclo di assestamento in ultimo anche rispetto alle scelte di governo del nuovo Presidente. Non solo per le questioni della dirigenza interna appena descritte, ma anche perché, anche al di là del percorso pur estremamente contraddittorio che l’ha determinata, la presidenza ha scelto di assumere una strada del tutto inedita per una amministrazione come quella dell’Istat, che rappresenterà inevitabilmente un cardine della carta di identità della nuova gestione, rispetto agli assetti interni e a quelli esterni. Rimane ovviamente il peso della folle gestione della vertenza di queste settimane. Un accordo di primaria rilevanza è stato sul punto di saltare per decisioni assunte in modo completamente unilaterale senza alcun coinvolgimento, neanche informativo, dei sindacati, mettendo in discussione elementi che erano già stati superati durante la trattativa: questo è gravissimo. Indipendentemente dal merito degli accadimenti che inevitabilmente possono piombare sulle trattative in corso, una condotta come quella adottata all’Istat è improponibile se si ha l’obiettivo di tenere relazioni sindacali almeno civili.

Le mobilitazioni degli ultimi giorni hanno raggiunto una grande forza anche grazie alla collaborazione attiva di molti colleghi a tempo indeterminato, che hanno capito che se la partita sul precariato prendeva un brutto corso, ogni altra vertenza era destinata a subire una sorte forse anche peggiore.

E’ così che in questi giorni i lavoratori – precari e non - di tanti servizi e direzioni, di tutte le sedi (anche quelle territoriali), hanno partecipato alle assemblee di mobilitazione, hanno scritto lettere collettive di sostegno alle iniziative messe in campo e hanno dato una determinata e determinante partecipazione alle giornate di occupazione. Ricordiamo in particolare i colleghi della direzione di Contabilità Nazionale, occupata costantemente, che hanno bloccato per giorni le proprie attività, così come i lavoratori del servizio Forze Lavoro in assemblea e l’occupazione della stanza 355 a viale Oceano Pacifico.

Occorre ripartire dalla forza di mobilitazione unitaria dei lavoratori e dalla scelta di campo molto importante su cui alla fine si sono attestati i vertici d’Istituto, per rilanciare sulla vertenza dei precari che deve chiudersi con la stabilizzazione, e per le questioni che riguardano tutto il personale. Infatti l’infinito perdurare di questa trattativa ha focalizzato la vertenza dei precari unicamente sulla proroga e ha bloccato tutte le altre questioni che riguardano i lavoratori dell’Istat, a partire dalla contrattazione integrativa.

Pensiamo in particolare ai percorsi di carriera, sui quali la FLC CGIL ha avanzato vari solleciti negli ultimi mesi senza trovare risposte. Ora è il momento di individuare strade credibili, ripartire con urgenza individuando proposte e campi di azione su cui mettere a verifica le intenzioni dell’Istituto e testare la ritrovata unità dei lavoratori dell’Istat.

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