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L’ISTAT cominci a risparmiare sulla dirigenza invece di fare cassa sul personale

Piano di razionalizzazione della spesa: resoconto dell’incontro del 3 marzo 2016

04/03/2016
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Il Direttore Generale ha aperto l’incontro affermando che il piano va approvato dal consiglio entro il 31 marzo, e che è intenzione dell’Amministrazione passare prima per l’approvazione del collegio dei revisori dei conti. Il piano riguarda tre annualità ma nel 2017 si potrà rivedere, aggiungendo voci di risparmio non presenti in questa prima versione.

La FLC CGIL ha innanzitutto evidenziato che il DL 98/2011, art. 16, che ha istituito i piani di razionalizzazione della spesa (d'altra parte esistevano norme simili anche prima), risale a quasi 5 anni fa, quindi a partire da marzo 2012 l’Istat ha perso 4 annualità; si tratta di periodi in cui l’Istat ha conseguito notevoli risparmi, a cominciare da quelli del censimento agricoltura. La responsabilità per la mancata adozione dei piani, e quindi per il mancato utilizzo della metà dei risparmi per la contrattazione integrativa, è in capo ai vertici dell’Istat. La FLC CGIL ha sollecitato più volte negli anni l’adozione dei piani di razionalizzazione, ottenendo che fosse inserito un impegno in tal senso nel Piano di fabbisogno 2014-2016, impegno ad oggi disatteso.

La legge prevede diverse azioni di risparmio che nella bozza del piano non sono previste, prima tra tutte il riordino e la ristrutturazione amministrativa; secondo la Flc Cgil è a partire dal taglio su strutture e retribuzioni dirigenziali che si dovrebbe formulare un serio e credibile piano dei risparmi in Istat.

Sulle strutture, la pur timida riduzione già operata dalla modernizzazione (due dipartimenti e due direzioni, per un totale di circa 630.000 euro) va inserita nel piano dei risparmi, fermo restando che per noi la misura realmente efficace sarebbe l’eliminazione del livello gerarchico dipartimentale e la riduzione ulteriore delle direzioni, misura che potrebbe raddoppiare il risparmio realizzabile. Crediamo che nella “seconda fase” della riorganizzazione debba essere previsto un taglio di questa entità.

Abbiamo inoltre contestato dal 2013 l'importo e la distribuzione fuori da qualsiasi contrattazione delle risorse accessorie della dirigenza amministrativa e tecnica. Ancora oggi manca una risposta chiara sul mancato taglio di quelle risorse, costituite con un criterio alquanto arbitrario (la similarità con alcuni altri enti del comparto) e del tutto unilaterale.

Ricordiamo che la FLC CGIL ha promosso un ricorso contro l’introduzione, secondo noi inutile e dannosa, della dirigenza amministrativa all’Istat: i risultati di quella scelta sono sotto gli occhi di tutti. Paventavamo, tra l’altro, i rischi di una dirigenza amministrativa pagata molto più di quella tecnica di pari grado: elemento puntualmente verificatosi e che tuttora crea attriti e problemi all'interno del settore amministrativo dell'ente. Nell’ambito della riorganizzazione, auspichiamo che il Consiglio riveda la struttura retributiva della dirigenza e - come già proposto nelle nostre note sulla modernizzazione - elimini ulteriori posizioni dirigenziali.

L'Istat tra gli enti di ricerca è uno di quelli con l'accessorio più alto per i suoi 25 dirigenti e tra quelli con il salario accessorio più basso per gli oltre 2.200 dipendenti.

Dopo diversi tentativi di eludere il punto, pressato dalle nostre insistenze, il direttore generale ha dichiarato che porterà le richieste di riduzione della FLC CGIL al Comitato di presidenza e quindi al Consiglio; abbiamo chiesto a voce e chiediamo di nuovo per iscritto di poter intervenire in tutte le sedi in cui la proposta sarà discussa.

Sulla riduzione delle strutture già operata, Antonucci ha sostenuto che l’Istat non ha ancora deciso se i risparmi vadano investiti nella modernizzazione stessa – per noi quindi nell’Art. 4 comma 3 del CCNL – oppure inseriti nel piano dei risparmi. Secondo noi semplicemente, nel pieno rispetto della normativa, si possono fare entrambe le cose.

Altra indicazione legislativa è risparmiare attuando programmi di semplificazione e digitalizzazione. Abbiamo su questo ribadito le nostre proposte di sburocratizzazione drastica delle procedure interne (produciamo ancora un numero enorme di documenti cartacei come giustificativi, domande, delibere, ecc.), di potenziamento del telelavoro, di adozione del desk sharing: tutte misure che, oltre a garantire risparmi consistenti, favorirebbero il benessere lavorativo e diminuirebbero l’impatto ambientale delle attività dell’Istat.

Infine la normativa cita altre voci di risparmio non presenti nel piano in bozza: la riduzione dei costi della politica, degli appalti di servizio, e delle consulenze. Sulla prima misura si potrebbe incidere forse in misura ridotta, visti i diversi interventi normativi che hanno già imposto risparmi, ma ricordiamo comunque l’impegno del presidente a ridurre la sua indennità di carica (240 mila euro annui). Sugli appalti di servizi abbiamo suggerito di effettuare una ricognizione approfondita delle spese sostenute, rendendola pubblica, in modo che si possano esplorare le possibilità di conseguire economie su una base concreta. Sulle possibili internalizzazioni si gioca una partita rilevante, peraltro citata più volte nei documenti della modernizzazione, che possono portare anch’esse a importanti risparmi. Rispetto alle consulenze, abbiamo chiesto la riduzione della spesa per l’OIV (presidente 45mila euro annui, membro esterno 30mila, membro interno 146mila). Nonostante sia stato riscritto l'AOG, è rimasta la previsione di una retribuzione che non trova riscontro nelle funzioni svolte. Il membro interno dell'OIV ha una retribuzione equiparata a quella di un direttore tecnico, pur non essendo la partecipazione ai lavori dell'OIV in nessun modo paragonabile alla direzione di una struttura complessa in un ente di ricerca. Su questo punto Antonucci ha dichiarato di non avere una risposta, e di non essere a conoscenza dei costi da noi segnalati; ha però preso l’impegno di far esaminare la cosa al comitato di presidenza e al consiglio.

Abbiamo fatto presente che con tempi così stretti si rischia di produrre un piano del tutto insoddisfacente. Anche per questo abbiamo chiesto che siano esplorate tutte le strade sostenibili per includere i risparmi operati in passato, a partire da quelli del censimento agricoltura, rispetto ai quali l’Istat deve chiedere immediatamente l’adozione di un provvedimento normativo che ne consenta il pieno utilizzo per il personale. In alternativa, come secondo noi è possibile fare, l’Istat può utilizzare i risparmi direttamente per incrementare il salario accessorio (come fanno alcuni comuni che hanno ricevuto dall’Istat fondi per il censimento stesso) o per ridurre la spesa in altri capitoli di bilancio e generare così risparmi utili.

La circolare attuativa 13/2011 della Funzione pubblica dice esplicitamente che i risparmi sono "immediatamente destinabili al finanziamento della contrattazione integrativa", quindi possono essere inseriti senza dubbio nel primo fondo disponibile. Secondo Antonucci i risparmi del censimento agricoltura non sono utilizzabili per finalità diverse da quelle stabilite dalla legge, ma d’altra parte l’Istat non è obbligata a reinserirli nel bilancio dello stato. L’amministrazione quindi chiederà un intervento normativo che, nell’ambito del finanziamento del censimento permanente, consenta all’Istat anche l’utilizzo dei risparmi del censimento agricoltura. Il direttore generale ha sottolineato poi che con il finanziamento del censimento permanente l’Istat si aspetta di essere messo in grado di stabilizzare tutto il personale precario attualmente in servizio.

Sulle due voci di spesa che riguardano le indagini abbiamo fatto presente che qualsiasi intervento di riduzione va attentamente valutato in primo luogo dai responsabili dei processi produttivi; in ogni caso, i risparmi preventivati devono essere tali da escludere ricadute negative sulle diverse dimensioni della qualità del dato prodotto.

Sulle chiusure delle sedi abbiamo osservato anzitutto che il risparmio preventivato è esiguo (meno di diecimila euro per ciascuna giornata di chiusura) e conseguente a voci di spesa in parte caratterizzate da variabilità, come ad esempio quelle relative ad elettricità e riscaldamento, con il rischio che a consuntivo il risparmio realizzato, proprio perché ridotto, possa essere annullato dall’aumento dei consumi, ad esempio per ragioni climatiche. Sarebbe quindi opportuno accertare se non esistono altri risparmi legati alle chiusure (ad esempio la navetta), e produrre una stima degli effettivi risparmi realizzabili con la chiusura delle sedi territoriali, che sulle voci previste hanno costi fissi difficilmente comprimibili. Inoltre, mentre la previsione del piano è di 5 giorni, per il 2016 ne sono stati ipotizzati 7, ossia un quarto delle ferie disponibili: troppi; di questi, i 4 giorni della settimana di agosto sono meno plausibili rispetto alle altre chiusure, sia perché l’interruzione delle attività lavorative rischia di compromettere le scadenze di produzione già programmate, sia perché l’obbligo di ferie in tale periodo crea sicuro disagio al personale che per scelta preferisce lavorare ad agosto. Chiediamo perciò che siano resi noti i dati di presenza in sede del personale nel periodo a ridosso del 15 agosto negli anni passati. Rispetto ai tempi e alla modalità con cui sono stati comunicati i giorni di chiusura, rileviamo che, come già accaduto in passato per provvedimenti analoghi, non è stata rispettata l’esigenza di programmare le chiusure con il dovuto anticipo, circostanza che determina di fatto un intralcio alle strutture di produzione, che dovrebbero essere informate sulle ipotesi di chiusura in anticipo rispetto alla programmazione delle scadenze di diffusione, quindi prima della predisposizione del calendario annuale delle diffusioni stesse. Inoltre, la comunicazione dei giorni di chiusura ipotizzati dovrebbe avvenire secondo noi, oltre che con un congruo anticipo, con un comunicato della direzione del personale, in modo che tutti i dipendenti possano programmare per tempo gli altri periodi di ferie, e non con una mail dai toni infelici inviata alle segreterie di direzioni e dipartimenti dall’“ufficio norme di lavoro”. 

Sui giorni di chiusura abbiamo chiesto inoltre la convocazione delle RSU delle sedi romane e territoriali, come già avvenuto per il piano di razionalizzazione delle sedi, che sia consentito al personale di poter giustificare l’assenza anche a titolo diverso dalle ferie, e che sia valutata seriamente la possibilità di ridurre le aperture straordinarie delle sedi, che negli anni passati hanno determinato probabilmente un aumento dei costi sostenuti superiore al risparmio preventivato per i 5 giorni di chiusura annuali ipotizzati nel piano. Occorre infine ricordare che l'articolo 59 del CCNL 1998-2001 degli enti pubblici di ricerca recita testualmente al comma 2:

Il ricercatore o tecnologo, nell’ipotesi di temporanea chiusura per ferie della struttura di ricerca nella quale opera, qualora la sua attività possa proseguire presso altra struttura dell’Ente, comunica all’Ente stesso il proseguimento e la sede dell’attività.

Il direttore generale nel replicare ha ammesso anzitutto l’evidente “immaturità” dell’istituto nel programmare e gestire le chiusure, ed i numerosi ritardi della direzione generale e di quella del personale. Subito dopo ha però travisato il senso dei nostri interventi, affermando che nonostante il “no” delle organizzazioni sindacali per lui sia le chiusure che il piano di razionalizzazione della spesa sono misure che vanno adottate comunque, perché anche se limitate o mal formulate vanno comunque nella giusta direzione. Abbiamo perciò dovuto puntualizzare che non siamo contrari alle chiusure in linea di principio, ma che devono essere programmate con il dovuto anticipo, riguardare un numero limitato di giorni, e generare risparmi più consistenti di quelli sinora ipotizzati. Allo stesso modo, siamo del tutto favorevoli all’adozione di un piano di razionalizzazione della spesa, che abbiamo più volte chiesto in passato; solo, vorremmo fosse fatto bene, e che fossero prese in considerazione anche le proposte delle rappresentanze dei lavoratori dell’Istat.

A margine dell'incontro, sul telelavoro il direttore generale ha ribadito quanto accennato durante l'incontro del giorno precedente, precisandone i contorni, ovvero che il Consiglio ha dato il via libera a una nuova call per le persone con gravi patologie, utilizzando le 38 posizioni di telelavoro attualmente "libere". Ribadendo la nostra contrarietà all'impianto deciso dal direttore generale, abbiamo annunciato la richiesta di un incontro specifico.

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